L’epopea del dollaro troppo forte

17 Novembre 2024 18:23


Altro che Brics, almeno per ora.

Se vedi il dollaro troppo forte, chiediti perché e soprattutto come questo impatta sul tuo portafoglio.

I tassi a lungo termine nelle obbligazioni USA non ne vogliono sapere di scendere.

Questo richiama capitali sul dollaro: da un lato c’è il rifiuto del debito eccessivo e spregiudicato degli Stati Uniti.

Dall’altro lato, il mantenimento dei tassi pretesi su livelli elevati dagli investitori, stimola l’avidità e supera il rifiuto.

Questa situazione ha un impatto forte sui mercati globali e sull’azionario.

I rischi connessi.

Il rischio di un dollaro troppo forte, condizione necessaria conseguente alla vendita del debito, può ridurre gli utili delle aziende USA, creando una potenziale condizione di restringimento della globalità finanziaria.

La riduzione degli utili delle aziende può comportare una contrazione della crescita e un calo dei rapporti di Price/Earnings.

Questo è il rischio del dollaro alto: non è affatto detto che questo accada, ma nel breve termine sembra avere un impatto.

Un segnale di rotazione di interesse da parte degli investitori dal mercato azionario a quello obbligazionario ci appare essere la motivazione più convincente del recente calo delle Borse americane.

La posizione della FED.

Il segnale di potenziale temporaneo allarme diventa più forte se pensiamo che tutto questo avviene in una condizione di ribasso dei tassi ufficiali e di persistente drenaggio di liquidità da parte della FED.

Lo stesso Powell, nella conferenza relativa al FOMC di novembre, ha valutato che le condizioni finanziarie “si sono irrigidite negli ultimi mesi, spinte da rendimenti obbligazionari più elevati a lungo termine”.

Scottature del recente passato.

In realtà, gli investitori sono ancora scottati da quanto avvenuto nel 2022 e nella prima parte del 2023: quando le obbligazioni acquistate negli anni precedenti hanno perso di valore a causa dell’aumento dei tassi di interesse.

La scottatura è stata troppo forte, determinata da condizioni di portafoglio assolutamente inedite, dove sia il mercato azionario che quello obbligazionario perdevano entrambi, sbilanciando in modo clamoroso un credo ultra-decennale sulla composizione degli asset.

La memoria del mercato è corta, ma tale evento è stato troppo recente e ha molto turbato i gestori, cogliendoli in contropiede sulle posizioni di portafoglio.

Così, malgrado i tassi in discesa, le promesse di Trump su tariffe e incentivi (=deficit) fiscali alimentano la paura di una nuova accelerazione dell’inflazione: e gli investitori non vogliono di nuovo essere costretti a pagare le conseguenze di una nuova inflazione sui loro titolo obbligazionari.

Il Dollar Index e gli utili.

Il rapporto statistico tipico fra il Dollar Index e gli utili aziendali è di 2 a 1.

Questo significa che se dall’1 ottobre scorso il Dollar Index è cresciuto del 6%, gli utili dell’S&P500 potrebbero calare del 3%.

In tutto questo, la grande paura che stanno vivendo le sette Magnifiche sul mercato, che ha indotto un loro forte ribasso, è il sintomo più evidente che le aspettative sui loro earnings anticipano una diminuzione del loro corso azionario.

Il ribasso recente di Nvidia, in attesa degli utili del 20 novembre, è sintomo significativo di un malessere che può diffondersi all’attuale mercato azionario.

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P.S.: I Brics e i loro progetti alternativi al dollaro non sono da sottovalutare ovviamente.

Il dollaro nelle amministrazioni repubblicane, non di rado, si indebolisce.

E questo potrebbe essere il picco dell’amministrazione democratica che lascerà la Casa Bianca a gennaio.

Picco transitorio o più strutturale, il dollaro troppo forte è una condizione di instabilità globale, che vorremmo vedere presto superata.

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Maurizio Monti

Maurizio Monti

Editore

Istituto Svizzero della Borsa

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