Il 21 giugno prossimo torna Opzionaria Friendly Tour.
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“Norway’s legal framework safeguarding freedom of the press is robust. The media market is vibrant, featuring a strong public service broadcaster and a diversified private sector with publishing companies guaranteeing extensive editorial independence.”
“Il quadro giuridico norvegese a tutela della libertà di stampa è solido. Il mercato dei media è vivace, caratterizzato da una forte emittente di servizio pubblico e da un settore privato diversificato con case editrici che garantiscono un’ampia indipendenza editoriale.”
Nella classifica di Reporter Senza Frontiere che di recente ha aggiornato i suoi dati per il 2024, la Norvegia è il Paese al mondo con la maggiore libertà ed indipendenza dell’informazione. Aveva lo stesso primato nel 2023.
La Norvegia è seguita da tutti i Paesi del Nord-Europa, nell’ordine Danimarca, Svezia, Olanda, Finlandia. La libertà di stampa è un privilegio del nord del mondo.
La Svizzera ha guadagnato tre posizioni rispetto al 2023, in classifica ora è al nono posto, dal dodicesimo del 2023.
Il giudizio di Reporter Senza Frontiere, sulla Svizzera, è che essa offra un ambiente “sicuro e protettivo” per i giornalisti, anche se “la libertà di stampa, negli anni recenti, ha affrontato un clima politico meno favorevole che in passato”.
Sembra che i tentativi di restrizione (e manipolazione probabilmente) dell’informazione durante il Covid (non del tutto scomparsi) abbiano giocato un ruolo determinante in tale giudizio.
Germania e Lussemburgo seguono la Svizzera, rispettivamente in decima e undicesima posizione.
Per vedere la posizione dell’Italia, bisogna scorrere parecchio la classifica.
Prima si incontrano i Paesi Baltici (che ti fa capire il terrore che hanno di confinare con la Russia), la Repubblica Ceca (al diciassettesimo posto), la Francia, al ventunesimo, il Regno Unito al ventitreesimo.
Al trentesimo posto si trova la Spagna, ma preceduta da competitor sorprendenti, quali le Isole Samoa, la Jamaica, Trinidad and Tobago, Costa Rica, Taiwan.
Scorrendo la pagina, finalmente, al quarantaseiesimo posto, si incontra l’Italia. Una posizione che identifica una malattia bene evidenziata nel report:
“La libertà di stampa in Italia continua ad essere minacciata dalle organizzazioni mafiose, soprattutto nel sud del Paese, nonché da vari piccoli gruppi estremisti violenti. I giornalisti denunciano anche i tentativi da parte dei politici di ostacolare la loro libertà di coprire i casi giudiziari attraverso una “legge bavaglio” – “legge bavaglio” – oltre alle procedure SLAPP che sono una pratica comune in Italia.”
Le SLAPP, acronimo di “Strategic Lawsuits Against Public Participation” (azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica) sono azioni legali spesso superficiali e prive di contenuto, basate su richieste esagerate e il più delle volte abusive, che mirano a intimidire, screditare professionalmente e molestare i destinatari, con l’obiettivo ultimo di ricattarli e metterli a tacere.
Tutto questo, riferito all’Italia, indica un Paese afflitto da problemi concatenati e stratificati: dalla malavita organizzata, al funzionamento della magistratura (se è così facile fare azioni di disturbo per “azioni legali spesso superficiali e prive di contenuto” significa che è il Paese dove devi andare dal magistrato se hai torto e non se hai ragione), allo stessa credibilità delle istituzioni.
Meno di un mese fa, il 12 aprile, Reporter Senza Frontiere commentava che la riforma della legge sulla diffamazione, in fase di lavorazione alla Commissione Giustizia del Senato, costituiva un modo oltraggioso “di bandire la professione del giornalista”.
Ovviamente, per leggere tale parere bisogna leggere la voce indipendente di Reporter Senza Frontiere, nessuno in Italia ha riportato, magari per contestarlo, tale commento. Meglio non confrontarsi con le opinioni troppo indipendenti, potrebbe diventare pericoloso.
Con un po’ di tristezza, osservo anche che l’Italia è scivolata in classifica dal 41esimo posto del 2023 al 46esimo posto. Su, per arrivare a 180 ce ne vuole e peggio della Corea del Nord non saremo…
Anche gli Stati Uniti sono scivolati, e di tanto, dal 45esimo al 55esimo posto in classifica.
“Una volta considerato un modello per la libertà di espressione”, negli Stati Uniti oggi persistono “barriere strutturali alla libertà si stampa”. Colpisce che uno degli elementi critici valutati nel report è la mancanza di sicurezza per i giornalisti negli USA.
Non solo triste, ma pericoloso per il mondo intero.
Le ultime 20 posizioni sono la rappresentazione del contrario della libertà di stampa (oltreché di tutte le libertà essenziali): spiccano la Russia, l’Arabia Saudita, Cuba, la Cina, il Vietnam, la Nord Corea.
In definitiva, pochi Paesi e soltanto una piccola minoranza della popolazione mondiale possono accedere a fonti di informazione libere ed indipendenti.
Una massa considerevole di Paesi dovrebbe, secondo la propria costituzione, essere in tale gruppo, ma di fatto non lo è.
Poi, oltre un certo livello della classifica, lo sconforto assale chi legge.
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Maurizio Monti
Editore
Istituto Svizzero della Borsa